VENEZIA: IL SISTEMA È SALTATO, SIGNORI

24 Marzo 2018

IL SISTEMA È SALTATO, SIGNORI

Quale futuro per Murano? Quale futuro per Venezia? Quando una persona non regge più il peso disordinato dei suoi mille pensieri, si mette a scrivere.
Lo fa per dare un nome al suo sentire che spesso è un malessere, per cercare di risolvere razionalmente ciò che sulla carta appare, una volta scritto, riconoscibile.
Ecco allora che lo scrivere diventa anche condividere con gli altri, per cercare insieme di dare risposte e soluzioni alle molteplici istanze e problematiche che il vivere pone di fronte all’individuo.
Si scrive perché alle intime percezioni spesso non corrisponde automaticamente un adeguato sinonimo, o un contrario, ma alle parole sì: ci sono i dizionari per questo.
Io generalmente non scrivo quando sono in difficoltà. Non lo faccio perché mi è difficile definire chiaramente natura ed entità delle mie sensazioni, dei miei sentimenti.
Per il ruolo che mi sono imposto, tenderei addirittura a minimizzare i problemi, qualora li dovessi scrivere, per poterli affrontare e risolvere nel minor tempo possibile, senza condividerli.
Fino ad ora. Fino a quando potevo attingere dalla mia esperienza personale e professionale gli strumenti per contrapporre una soluzione già vissuta, da me o dagli altri, all’apparire del problema che appariva anch’esso già “conosciuto”. La mia mente contrapponeva gli anticorpi generati dal vivere ai consueti piccoli o grandi virus/problemi che quotidianamente cercavano di infettare la mia esistenza. Mai paragone fu più calzante alla luce di ciò che stiamo vivendo in questi giorni. Ma stavolta è diverso. Oggi è diverso.
Lo si vede dell’entità e dal rincorrersi delle reazioni di coloro che sono preposti alla tutela dello Stato.

IL SISTEMA NON C’È PIÙ. E’ DA RICOSTRUIRE
Lo Stato.. Io sono Stato, inteso come parte di una nazione, io sono stato, inteso come passato non più prossimo del verbo “essere”.
Lo Stato e ciò che io sono stato, fino ad ora, non sono più. Perché sta saltando non tanto un sistema, ma “il” Sistema.
Non siamo degni di paragonare il nostro vivere quotidiano alle situazioni di guerra che la nostra o altre nazioni hanno vissuto e vivono oggi
Non possiamo capire pienamente il dramma di chi, intubato, sta lottando contro un male che devasta i polmoni ed è potenziale, terribile pericolo per chi lo cura. Ma siamo in grado pienamente di comprendere che ciò che prima scandiva e per molti aspetti dava un senso alla nostra vita è stato ridimensionato, se non stravolto, se non spazzato via.
Deficit, spread, tasso, inflazione, PIL, occupazione, domanda, offerta… Tutto annebbiato, tutto da riconsiderare.
State tutti a casa, mettete in pantofole la vostra identità, il vostro presente.
In molti hanno ridimensionato anche la propria fede: la più spirituale – la fede in Dio – la più laico/razionale – ossia la politica – e addirittura, senza ironia, hanno ridimensionato la più “carnale”: quella calcistica. E il nostro futuro?

IL SISTEMA È SALTATO, SIGNORI
Ne prendiamo contezza quando ci viene dato ogni giorno il numero dei contagiati, dei guariti, dei morti. Ci viene addirittura detto, da ciò che è Stato, chi è necessario, e deve suo malgrado presentarsi al lavoro, e chi non lo è. Cosa faremo dopo? Non lo chiedo retoricamente, non lo scrivo perché ho una risposta, ma proprio perché non so dove cercarla.
Lo scrivo perché percepisco che i gestori del Sistema sono impreparati oggi e, forse, lo saranno domani, se non cambiano gli occhiali del loro vedere. Ieri, con il “Sistema” al massimo splendore, hanno messo in ginocchio uno Stato, la Grecia, per quei parametri che oggi valgono come i soldi del Monopoli. La Grecia: il luogo da cui è scaturita l’essenza stessa della nostra concezione di vita. La Grecia: l’etimologia di ogni nostro pensiero. E oggi? Stanno ripetendo i dogmi che ci hanno portato a questo.

MA VENGONO RIPETUTI GLI STESSI DOGMI.
Scrivo perché le risposte al nostro domani o non ci vengono date – e non per segretezza, ma perché non ci sono – o, quando le si formulano, balbettando, sono uguali ai “format” che esistevano prima del Coronavirus.
Lo scrivo perché, per la prima volta in vita mia, ho l’impressione che i massimi Conducenti abbiano perso la bussola, e non per incapacità o per calcolo ma perché non esistono più i punti cardinali del loro abituale guidarci. Paradossalmente, auspicherei l’esistenza di un disegno, anche oscuro, piuttosto che questa impotenza. Una situazione che li spiazza completamente. Spiazzerebbe chiunque.

MURANO: AL 99,9% PER I TURISTI
Io abito a Murano. Io lavoro il vetro. Io non sono “necessario”. Ogni offerta della nostra città, della nostra nazione, era mirata all’offrire il prodotto della nostra storia, della nostra cultura, all’alieno. A chi viene da fuori.
Il 99,9% del nostro lavoro è generato per il turista, non dell’anima, ma della location. “Made in Italy… not for me, only for you”. Non dico che questo sia giusto o sbagliato, scrivo solo che è così.
Abbiamo approntato una meravigliosa macelleria, con banconi di alabastro, con posti a sedere in mogano, con porti per navi più grandi del nostro stesso concepire, con migliaia di letti per  carnivori vuoti, dove noi tutti portiamo i quarti disossati della nostra storia per metterli a disposizione. E per farlo abbiamo massimizzato l’unica offerta e minimizzato i costi della nostra identità.
E ad essere strapieni oggi, fino a far morire, sono i pochi posti letto delle terapie intensive.
Una macelleria tutta maschere, lustrini e  paillettes, dove le cose dette o scritte non dovevano essere troppo lunghe o troppo profonde, dove un cancelletto prima di una parola la rendeva universale. Dove essere virali o “influenzanti” era addirittura bello.
Una maestosa macelleria… in un mondo che è oggi diventato vegetariano.

UNA MACELLERIA IN UN MONDO VEGETARIANO
Ho scritto. Ho scritto per non minimizzare un’enormità. Ho scritto perché, con il doloroso rispetto per i caduti che questa guerra ha imposto, vorrei indicare la luna.
Io la vedo, la luna, distintamente. Qui, dal mio osservatorio privilegiato, a Murano, in quest’isola che ha puntato tutto su un cavallo che non può correre. Non oggi. Chissà domani.
Indico la luna, perché bisogna riconoscere il disegno di ciò che siamo stati per ricomporre i pezzi del puzzle. Ho scritto perché non voglio che la Restaurazione, impegnata a guardare il dito, ci porti in futuro a nuove corone e a nuove parucche, sempre uguali.

VENEZIA, UN LIBRO DA RISCRIVERE A PIÙ MANI
Ho scritto perché la storia si ripeterà domani, se nessuno la sa ascoltare oggi. Ho scritto perché non so cosa fare da solo, perché voglio sentirmi ancora “necessario”. Perché non voglio leggere più le vecchie parole che ci hanno portato a questo, perché tutti noi, ormai, siamo pagine strappate e disperse di un libro tutto da riscrivere.
Ho scritto perché credo che questo libro vada scritto a più mani, tante mani.
Le tante maniche non vediamo l’ora di intrecciare non appena potremo uscire di casa.

MTB