IL RAZZISMO DELL’UGUAGLIANZA

23 Dicembre 2023

Sta arrivando anche quest’anno il N… la festa del 25 dicembre per tutti, anche per quei soggetti/bambini “italiani” (si può dire ancora così?) completamente inclusivisti – volenti o inconsciamente nolenti – delle patrie scuole dell’infanzia e primarie statali. 

Soggetti/bambini “italiani” (si può dire ancora così?), dal sapore vagamente fruttato, misto a un delicato tannino, ma velatamente permeati da un retrogusto cattolico memoriale nelle radici più che cosciente, etimologicamente presente ma opinabile, quando non auspicabilmente eliminabile.

Devono essere asettici, questi soggetti/bambini “italiani”, (si può dire ancora così?), e consci del loro ruolo di pagina bianca su cui tutti possono scrivere tutto, tranne ciò che istintivamente loro vorrebbero poter leggere di sé, e privi di una qualunque identità precisa, perché quella che hanno ricevuto è stata generata da un passato fatto di Mc Donald, di Nato, di fascismo, di colonizzazione, di schiavizzazione, di razzismo, di Inquisizione, di crociate, di papismo, di in hoc sogno vinces… Scusatemi: inavvertitamente ho usato il latino, lingua assassinata più che morta, idioma preferito da coloro che celebrano, vestiti di tutto punto, il Na… la festa del 25 dicembre in modo offensivamente soggettivo, tipico della razza padrona. 

La scuola, crogiolo di regole, di messaggi e del politicamente corretto, deve assolutamente far capire al soggetto/bambino “italiano” (si può ancora dire così?) che il suo ruolo è quello… di non averlo. 

Il soggetto/bambino “italiano” (si può ancora dire così?) deve sdoppiare la sua identità: a casa, magari con la complicità del nonno chiaramente rincoglionito e privo di cultura, può fare il – scusate la parola potenzialmente cassabile dall’algoritmo virtuale – presepio, quell’orrido plastico/diorama formato da statuette multicolori dal significato potenzialmente celebrativo quando non simbolicamente idolatrico di una “religione” potenzialmente offensiva. 

A casa il soggetto/bambino “italiano” (si può ancora dire così?) può aspettare l’essere alieno che appare ogni anno denominato purtroppo, in casi estremi, “Bambin Gesù“, che gli porta i regali o il carbone (ma solo se ha ammazzato un amichetto), a casa il soggetto/bambino “italiano” (si può ancora dire così?) può cantare canzoni generate probabilmente da uso di oppiacei cosmonautici (Astro del Ciel, Tu scendi dalle stelle… Gloria in Excelsis Deo), ma a scuola… no!!!! 

Assolutamente no. 

C’è il rischio che un genitore su 123 si possa offendere se in una scuola o in un asilo si canti un qualcosa che ricordi l’etimo storico alla base della parola “Nata…”, insomma, dài: non serve dirlo. Non vogliamo offendere nessuno, giusto? Noi però non ci offendiamo se qualcuno ci mostra le sue usanze portate da lontano, spesso generate da riti di altre religioni. Noi non ci offendiamo se nelle nostre mense non si serve il maiale. Noi mangiamo senza offenderci il montone o l’agnello del Kebab. Noi non ci offendiamo se qualcuno bestemmia in modo colorito e divertente il Dio cristiano, o se fa cascare un meteorite in testa al Papa. 

Noi siamo per l’uguaglianza, noi siamo aperti, comprensivi, collaborativi. Noi non esprimiamo nulla, noi e i nostri soggetti/bambini “italiani” (si può ancora dire così?) facciamo semplicemente finta di non essere quello che siamo a casa, sempre più di nascosto. 

Perché noi siamo superiori.

Perché noi siamo… razzisti. 

Siamo razzisti perché non vogliamo perdere tempo a spiegare a gente che non può capire il motivo per cui tutti, anche loro, anche i più ferventi iconoclasti statali, fanno festa il 25 dicembre. Siamo razzisti con i nostri figli, perché li trasformiamo in strumenti per applicare la nostra ipocrita utopia di razza superiore perché impassibile. Siamo razzisti con i nostri genitori, con i nostri nonni perché imponiamo loro di non manifestare ciò che vorrebbero e potrebbero essere in funzione di un dialogo che non c’è. 

Perché in un dialogo ci si ascolta, certo, ma ci si parla anche. Ci si spiega. Qui invece si tace, si nasconde, si finge. 

Perché possiamo permettercelo, perché siamo superiori, perché siamo razzisti. 

Ancora poco tempo, comunque. Il tempo che i nonni o i genitori tirino le cuoia e il problema scomparirà con loro. E il 25 dicembre diventerà, il giorno del compleanno di un tale di cui sarà bene non fare il nome. Il compleanno di Cucú. E il razzismo dell’uguaglianza avrà vinto. Il buon Claus che è Santa e non Santo per motivi che è meglio non sapere – per non dover svelare l’etimologia – porterà i regali il 23 di luglio, o il 12 marzo, tanto… un compleanno vale l’altro, così non romperemo più i coglioni a nessun*.

Io non sono un fervente praticante ma non mi offendo se vedo un Crocifisso, una Mezzaluna, una Croce di David o un Dio con la testa d’elefante, anzi. 

Guardo a questi simboli di identità spirituale con profondo rispetto e vorrei che ciascuno in serenità possa professare la fede che io non ho, ma per cui lotterei se fosse perseguitata o offesa con il delirio dell’intransigenza dei tirapiedi. Razzisti nell’imporre il nulla della loro superiorità concettuale. 

Io sono vegetariano, e non mi offendo se il mio amico si siede accanto a me a mangiare una costicina di maiale.

Buon appetito, amico mio, e buon Natale a tutti!

Amen.

    Leave a comment