Il razzismo delle parole

2 Maggio 2022

Tra il tanto schifo, reale e narrato, che trasuda dai nostri mezzi di comunicazione di massa (a)critica ultimamente, dai nostri salottini Frau televisivi, sta emergendo una tematica che ritengo esclusivamente italiana. Mi chiederete: la questione se dare o meno le armi agli ucraini per potersi difendere? No, non si tratta di questo, perché c’è il rischio di affrontare un problema troppo importante.
L’argomento che va per la maggiore in questi tinelli intellettuali riguarda il diritto di una persona o di una situazione storica a “impossessarsi” legittimamente di determinate parole. E mentre gli ospiti ucraini di questi convivi letterari, collegati da ciò che resta della loro casa, sentono sibilare i missili denazificanti sulle loro teste, i nostri accademici della crusca e della farina doppio zero senza glutine, discutono animatamente se la parola “Resistenza” possa essere usata a pieno titolo per definire ciò che sta facendo quel popolo in quella terra in questi giorni. All’inizio pensavo che scherzassero: davvero.
Io non prendo parte per principio alle tante disquisizioni storiche su chi abbia cominciato e su come finirà questa guerra (o operazione militare speciale che dir si voglia). A seguire questo “concetto” (termine spesso usato da questi dotti disquisitori per definire ciò che in realtà è una loro semplice frase) del cosa era successo prima e prima ancora, bene o male, si va sempre a finire dal signor Caino, il padre superstite ed esclusivo di tutti noi, colui che ha esercitato il suo diritto al monopolio genetico semplicemente eliminando alla radice la concorrenza.
No, non posso e non voglio andare al monte dei monti di questo schifo: ciò di cui vorrei trattare in questo post è il razzismo neanche tanto velato che traspare nel ritenere di poter fare un uso esclusivo delle parole.
Solo una parte in causa, solo in un luogo e solo in un momento storico, solo i giusti più giusti, possono usare certe parole. Gli altri, ovvero  “quelli là”,  non possono farlo. Non ne hanno il diritto. Solo noi possiamo dire che l’amore l’abbiamo provato solo noi e solo in quel momento per una certa persona, “quelli là” possono provare solo una simpatia eccitata, al massimo una stima bagnata. Solo noi abbiamo provato i bombardamenti, le morti, le privazioni, “quelli là” non possono piangere i loro figli uccisi in forma non grave da una bomba intelligente che parla un’altra lingua.
La loro non è “Resistenza”, al massimo è… una forma di attrito, e che non rompano ancora tanto i coglioni.
Perché anche quelli li abbiamo solo noi, non certo “quelli là”, dotati di piccole sfere carnacee…. 

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